giovedì 8 marzo 2012

Premi i pulsanti a cazzo di cane


Quando ero ragazzino i videogiochi erano intrattenimento puro. Ci voleva proprio una fervida immaginazione nel riuscire ad immedesimarsi in un riccio iperveloce e tutto blu, o in un allenatore di giocatorini di calcio col testone visti, perdipiù dall'alto. Eppure ho il vivido ricordo di memorabili (e frustranti) partite pomeridiane e notturne a "Punch Out!", "Alex Kidd", "Sensible Soccer" o "Doom". E mentre scrivo di questi titoli me ne tornano talmente tanti altri in mente da volermi far mettere mano al primo emulatore che mi capita. Però, siccome ormai mi è presa 'sta voglia di bloggare, andrò avanti a scrivere e non cadrò in tentazione.

Anzi, penso proprio che dedicherò una serie di post ad annoiarvi con la personale cronistoria della mia carriera di videogiocatore. Ma non è il momento.

I giochi che più mi affascinavano, tuttavia, erano senza dubbio alcuno le avventure grafiche. Ancora oggi finisco con piacere Monkey Island 2, verosimilmente il mio videogame preferito di sempre. E siccome negli anni '90 le avventure grafiche erano un genere molto in voga, ancora adesso ho la possibilità di giocare titoli che all'epoca nemmeno sapevo esistessero.
Probabilmente era la possibilità di seguire una storia che fosse qualcosa in più di una semplice scusa per saltare/picchiare/prendere monetine/sparare che rendeva questi giochi così speciali; avevano una trama, un copione vero, demenzialità, colpi di scena, ironia, surrealismo, dramma. C'erano avventure per ogni genere e per ogni gusto. E poi ho sempre preferito una sorta di applicazione mentale, a quello che oggi ha un nome ben preciso -button mashing-, ma che già una volta identificavamo molto bene con "premi pulsanti a cazzo di cane".

Ma ecco il colpo di scena. Quello che sembrava un post nostalgico, diventa improvvisamente un elogio alla modernità: i videogiochi di oggi sono molto più belli di quelli di una volta. Se quando ero ragazzino i giochi erano puro divertimento, oggi sono molto di più. Oggi raccontano storie, fanno sì divertire, ma anche pensare, riflettere. E sono scritti talmente bene che nessun imbecille può rovinarne la trama facendo fare delle cose stupide al suo personaggio.
Ho finito al 100% Batman Arkham City, e ogni volta che spegnevo la console, volevo andarmi a coricare lanciandomi dall'armadio con la copertina per mantello. Girare per Gotham City picchiando delinquenti, mentre saltavo da un cranio spaccato ad un tirapiedi del Joker ad una costola incrinata di uno scagnozzo di Due Facce non mi faceva immedesimare in Batman. No. Io diventavo il Batman più fottutamente cazzuto mai visto su di uno schermo.
Ho giocato a lungo a Red Dead Redemption. Non sono andato al 100% perché il finale mi è stato molto sui coglioni e mi ha fatto passare del tutto la voglia di giocarci, nonostante sia molto bello ed epico. Ma le interminabili passeggiate a cavallo lungo i meravigliosi paesaggi del Messico sparando a lupi e armadilli mi resteranno nel cuore per sempre.
Anche un gioco di per sé un po' mediocre, come The Saboteur, mi ha gasato da morire, facendomi cacare addosso non appena un gerarca nazista della gestapo mi scopriva, mentre travestito da soldato semplice cercavo di far saltare un carro armato. Allarme lanciato e sirene per tutta Parigi. E io alla ricerca della prima Peugeot Legere che passava di lì (la Pegasus, per chi lo ha giocato) per scappare come un forsennato verso Montmartre.
Se Monkey Island è probabilmente il mio videogioco preferito per sentimento, senza alcun dubbio i videogiochi più belli che abbia mai giocato sono Red Dead Redemption e Batman Arkham City.
Non c'è gara.

mercoledì 7 marzo 2012

Ci sono cose




Ci sono cose che entrano nella storia.
Cose straordinarie, che segnano il corso di un'epoca. 
O cose comuni, cose di tutti i giorni. Cose che tuttavia scavano un solco nel nostro diario di bordo, che rimangono indelebili nella nostra memoria.
Cose che hai vissuto da solo, che ricorderai per sempre. Inizi di cose, i tanti "il mio primo giorno di...". O fine di cose, cose che ci abbandonano per sempre, lasciandoci solo i ricordi a tenerle ancora vive, ancora presenti, ancora reali.
Oppure cose che hai vissuto in compagnia: in compagnia di qualcuno che ti ha lasciato un bel ricordo. Queste sono le cose migliori, in quanto i ricordi per non farle sparire non sono solo i tuoi, ma anche quelli dei tuoi compagni di viaggio. I ricordi in comune sono particolarmente affascinanti. Vuoi perché spesso differiscono gli uni dagli altri, permettendoci di aggiungere pezzi al mosaico; o perché in fondo sono sempre diversi, ogni volta che riaffiorano alla mente.
Ma la verità vera è che le memorie in comune delle cose memorabili sono le migliori perché hai la possibilità di ricordarle ogni volta che vuoi, ogni volta che sei in compagnia della compagnia, facendoti ammugghiare la serata.
Ci sono delle cose. Ci sono tante cose che ricordo, una barzelletta, un tormentone, una partita a carte non propriamente sobria, o una serata tra amici sfociata in un delirio che ormai assume le forme del mito, come se si tramandasse oralmente di generazione in generazione.

Ci sono tante cose. Delle quali non parlerò. Almeno non oggi.

Oggi c'è il Catania che ha affrontato in trasferta l'ennesima squadra catenacciara, con loro che alla fine hanno esultato per un punto conquistato in casa (ricorderei a costoro che la media inglese punisce, di fatto, i pareggi casalinghi, per quello che vale). Ma tant'è, un Catania che gioca così in casa degli altri, erano anni che non lo vedevo.
Oggi c'è la puntata di Bleach da vedere. L'anime di Bleach sta finendo, o spero di poter dire, si sta fermando per un periodo indefinito. Meglio, molto meglio che sorbirsi l'ennesima vagonata di inguardabili e sconclusionati filler. Sperando però che possa riprendere con la conclusione al più presto, e che questa raggiunga la qualità della prima saga.


Oggi, insomma, ci sono cose nuove.

Voglio iniziare a scrivere un blog, ma temo di essere troppo pigro per portarlo avanti.

Una volta avevo cominciato a scrivere un blog. Era uno di quelli massaioli, su msn, quelli che, per intenderci, vengono riempiti di stelline lampeggianti sullo sfondo dalle ragazzine, probabilmente pagate dalle multinazionali che producono farmaci per curare l'epilessia.
Avevo cominciato a scriverci su un paio di aneddoti divertenti della mia vita, dovrebbe ancora essere online, ora che ci penso.

si interrompe e riflette se sia il caso di andare a cercare il link per pubblicarlo in questa sede. Per sua e vostra fortuna decide poi che è meglio lasciar perdere.

Pensavo di cercarlo per postare il link, ma forse non è il caso. Non che fosse così brutto o ci fosse qualcosa da nascondere, tutt'altro. C'erano un paio di post veramente divertenti.

Il problema, forse, è che c'erano un paio di post ebbasta. Sono troppo pigro per poter portare avanti un blog. Eppure l'idea di un diario personale reso pubblico è geniale, seppure decisamente in controtendenza con quelle che erano le abitudini delle mie compagnette alle scuole medie, le quali usavano scrivere segreti inenarrabili dentro quei dannati diari con le copertine rosa a fiorellini e dei piccoli catenacci in metallo finto a tenere tali quei segreti, lontani da occhi indiscreti di maschietti gretti e insensibili, che, sotto una sprezzante corazza fatta di pallone e scarpe da ginnastica, invece speravano di essere protagonisti di quei diari, magari nelle vesti del principe azzurro con l'acne.

Beh, dicevo, l'idea di un diario personale reso pubblico è una gran bella idea.
Però deve essere divertente, altrimenti nessuno lo leggerà. E se un diario pubblico non lo legge nessuno, beh, non è che sia un gran successo, come il proibizionismo: sembra una buona idea all'inizio, ma in realtà non funziona.

comincia a sentire una certa ansia da prestazione, con paranoie del tipo "e se poi non lo legge nessuno?"

Sarà per quello che ho smesso di scriverlo? Forse una tremenda frustrazione dall'idea che nessuno leggesse quelle mie fantasticherie?
In fondo non ci credo nemmeno io: sono troppo esibizionista ed egocentrico per potermi far fermare dal giudizio di qualcun altro. Certo, ne tengo conto (come tutti?), ma non può essere decisivo per portarmi a fare qualcosa controvoglia.
Hmm, no. Semplicemente sono troppo pigro per portare avanti un blog.

Non è per questo che Facebook ha così tanto successo?